UN PICCOLO PASSO PER L’UOMO…

Uno dei sogni ancora irrealizzati su cui l’uomo ha sempre fantasticato sono i viaggi nel tempo: andare agli albori della vita a scoprire come siano successe le cose, ritornare al tempo dei dinosauri e vedere come fossero realmente, assistere a grandi eventi storici, quale grande soddisfazione sarebbe!

Esiste però un posto molto particolare dove tornare indietro di milioni di anni e assistere all’evoluzione della nostra specie è possibile! Questo luogo si trova in Africa, più precisamente nell’attuale Tanzania. Stiamo parlando della riserva naturale di Ngorongoro, un’area che si estende attorno alla caldera dell’omonimo vulcano; al suo interno di trovano due siti archeologici di valore inestimabile. Il primo è il sito della gola di Olduvai, dove sono stati ritrovati manufatti, ossa e resti di accampamenti risalenti da 2 milioni a 15000 anni fa. Il secondo, che si trova a circa 40km dalla gola di Olduvai, è il sito di Laetoli.

Google ©2023 immagini ©2023TerraMetrics
L’area di conservazione di Ngorongoro

È proprio qui che ci porta il nostro viaggio nel tempo, tornando indietro di circa 3,7 milioni di anni. Homo sapiens non esiste ancora, ci sono invece i nostri antenati australopitechi. Un giorno un’eruzione vulcanica deposita sul suolo uno strato di ceneri spesso 15 cm; subito dopo piove e le ceneri si trasformano in una fanghiglia morbida simile al cemento. Ed ecco che arrivano loro, tre australopitechi: due camminano uno a fianco all’altro, il terzo invece, più piccolo, cerca di mettere i piedi nelle orme lasciate dal suo compagno. Smette poi di piovere e il fango con le impronte dei nostri amici si solidifica. Poco tempo dopo avvengono altre eruzioni che ricoprono il tutto conservandolo per millenni.

A questo punto dobbiamo fare un salto nel tempo, arrivando nel 1978. L’area di Laetoli e della gola di Olduvai era già stata scoperta negli anni ’30 dal paleontologo Louis Leakey e dalla moglie Mary Leakey, che con le loro scoperte hanno contribuito in maniera fondamentale a ricostruire l’evoluzione della specie umana. Fu però solo nel 1976 che il loro collega Andrew Hill scoprì quasi per caso delle impronte fossili di animali; negli anni seguenti le campagne di scavo ne avrebbero portate alla luce diverse migliaia. Durante uno di questi scavi nel 1978 Mary Leakey e la sua squadra rinvennero un’area lunga circa 27 metri con impresse le orme dei nostri tre antenati. Confrontandole con quello che si sapeva sugli ominini, vennero attribuite alla specie Australopithecus afarensis. Oltre all’età e alla rarità, questo ritrovamento ha qualcos’altro di veramente eccezionale. Studiando le impronte, si scoprì che gli australopitechi erano bipedi già allora: non ci sono infatti segni di appoggio delle mani e la conformazione del piede è simile alla nostra. Se si sia evoluta prima la posizione eretta o lo sviluppo di un cervello più grande era una questione molto dibattuta: questa è la prova certa che il bipedismo si è evoluto almeno 3,7 milioni di anni fa, molto prima dell’ingrossamento della massa cerebrale.

Google street view ©Stephen Hallgren
La striscia di terreno dove sono state rinvenute le impronte di tre individui appartenenti alla specie Australopithecus afarensis

Ma non finisce qui! Il nostro viaggio ci porta nel 2021, quando sulla rivista Nature viene pubblicato un articolo (https://www.nature.com/articles/s41586-021-04187-7). Nel 1976, insieme alle impronte animali, venne scoperta anche una serie di cinque impronte di difficile attribuzione; alcune somiglianze con le orme degli orsi fece ipotizzare che le avesse lasciate uno di questi animali camminando sulle zampe posteriori. Due anni dopo vennero scoperte le impronte degli australopitechi, e il clamore della scoperta fece accantonare ulteriori studi. Almeno fino al 2019, quando gli autori dell’articolo tornarono sul sito e fecero nuovi rilievi, confrontando le impronte con quelle di orsi, scimpanzè e uomo. Videro così che avevano molto più in comune con orme di ominini che non ursine. Erano però più grandi di quelle di Australopithecus afarensis, e soprattutto mostravano un’andatura diversa sia dalla nostra che da quella degli australopitechi conosciuti. La questione è ancora oggi oggetto di ricerche, ma queste orme potrebbero essere la testimonianza del fatto che 3,7 milioni di anni fa a Laetoli ci fossero almeno due specie diverse di ominini.

Qui finisce il nostro viaggio ma le ricerche in questo importantissimo sito archeologico continuano tutt’oggi sotto la guida della famiglia Leakey. Grazie alla scoperta delle impronte fossili abbiamo potuto ricostruire la fauna che popolava l’area a quel tempo, avere una testimonianza diretta dell’evoluzione della posizione eretta e ipotizzare la coesistenza di più specie di australopitechi nella stessa area. Chissà quali altre entusiasmanti scoperte ci riserva il futuro!

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