Al sorgere del Sole sulla savana africana numerosi animali accorrono per radunarsi sotto la rupe del re: è la sequenza iniziale dell’amatissimo cartone “Il re leone”, uscito nelle sale cinematografiche ormai nel lontano 1994. Per l’ambientazione gli scenografi della Walt Disney Feature Animation si ispirarono al Parco Nazionale di Hell’s Gate, situato a nordovest di Nairobi in Kenya, e caratterizzato dalla presenza di vulcani, sorgenti calde e formazioni rocciose.
Nei primi secondi della pellicola ci viene data subito un’idea della grande varietà di animali presenti nell’area. Il primo a essere mostrato è un rinoceronte. In Africa vivono due delle cinque specie esistenti: il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum) e il rinoceronte nero (Diceros bicornis). Nonostante il loro nome comune, entrambi questi animali hanno una colorazione grigia; molto spesso, poi, si ricoprono di terra rotolandosi nel fango come protezione dal Sole e dagli insetti. Ciò che li rende facilmente distinguibili è la stazza, decisamente maggiore nel rinoceronte bianco, e il labbro superiore: nel rinoceronte nero ha una forma appuntita, mentre in quello bianco è più largo. Questa differenza è frutto della diversa modalità di foraggiamento dei due animali: il primo, infatti, strappa le foglie dagli alberi, mentre il secondo è un brucatore. Il rinoceronte nero ha anche un carattere molto più aggressivo rispetto a quello bianco. La vista di questi animali non è molto sviluppata, mentre udito e olfatto sono molto fini. La loro imponente stazza non deve ingannare: sono infatti in grado di superare i 40 km/h per brevi periodi. Le uniche aree del corpo dove si possono trovare peli sui rinoceronti sono le ciglia, la coda e le orecchie; della stessa sostanza dei peli, la cheratina, hanno però due corni che per decenni li ha resi vittime dei bracconieri. Nonostante i rinoceronti restino animali a rischio di estinzione, proprio il Kenya ha annunciato di recente che i rinoceronti neri presenti sul loro territorio hanno raggiunto i mille individui: più del doppio della popolazione presente nel 1989! Altre interessanti informazioni su questi animali e sul loro stato di conservazione si possono trovare sul sito https://www.savetherhino.org/.

A destra rinoceronte nero in Namibia, Yathin S Krishnappa, Diceros bicornis calf (Etosha), CC BY-SA 3.0
Continuando a guardare il cartone, vediamo grandi protagonisti della fauna africana: elefanti, ghepardi, suricati, giraffe, zebre… Finchè ci viene mostrato quello che è uno degli animali più numerosi sul nostro pianeta. Gli scienziati hanno stimato che vivano più di 20 milioni di miliardi di individui: stiamo parlando delle formiche. Come le api, sono insetti sociali che costruiscono colonie estremamente sviluppate. E sempre dal Kenya un recente studio ha messo in luce la complessa rete di interazioni alla base degli ecosistemi terrestri e come anche un piccolo insetto possa modificarli in modo irreparabile (https://www.science.org/doi/10.1126/science.adg1464). Le formiche autoctone, nel corso dell’evoluzione, hanno instaurato un rapporto di mutuo beneficio con una specie di acacia molto diffusa in Africa: Vachellia drepanolobium. Le formiche si nutrono del nettare di questa pianta e, così facendo, iniettano nelle foglie acido formico. Questa sostanza è innocua per l’acacia, ma lo stesso non si può dire per gli elefanti: trovando poco piacevole il sapore, rinunciano a nutrirsene e le piante possono così crescere indisturbate. Questa relazione fornisce un vantaggio nella caccia proprio al leone, che può così nascondersi facilmente tra la vegetazione e tendere agguati alle sue prede. Negli ultimi anni, però, in Africa è arrivata la formica Pheidole megacephala, originaria probabilmente dell’isola di Mauritius e considerata oggi una delle cento specie invasive più dannose. Questo insetto, essendo più grande e aggressivo, sta soppiantando le specie locali. Si nutre anch’esso di Vachellia drepanolobium, ma non produce acido formico; di conseguenza, gli elefanti mangiano le acacie distruggendo così la copertura arborea e i leoni si trovano a cacciare in un ambiente diverso. È stato osservando che nelle aree dove è arrivata Pheidole megacephala i leoni hanno cambiato dieta prediligendo il bufalo del Capo; non sappiamo però se tutte le popolazioni di leoni riusciranno ad adattarsi al nuovo ambiente prodotto dalle formiche e quali possano essere gli effetti a lungo termine.

E alla fine arriva proprio lui, il protagonista della storia: il leone! Un tempo largamente diffuso in tutto il continente africano e asiatico, oggi il suo areale è ridotto ad aree frammentate nell’Africa subsahariana. Anche se non è una notizia molto conosciuta, una piccola popolazione di leone indiano sopravvive tutt’oggi nel Gir Forest National Park, situato nello stato indiano del Gujarat. Miti e leggende diffusi in Asia dimostrano come questo felide fosse un tempo diffuso nel continente. Il fisico massiccio del leone non gli consente di arrampicarsi agevolmente sugli alberi, ma occasionalmente può farlo; una delle ragioni di questo comportamento pare essere quella di trovare riparo dagli insetti e dalle zecche. Nel Parco Nazionale Queen Elizabeth in Uganda esiste però una popolazione di leoni che vive abitualmente sugli alberi; ad oggi non è ben chiaro il motivo di questo peculiare comportamento. La convivenza tra leoni e uomo in Kenya è ancora in precario equilibrio: se da una parte si registra un timido aumento di individui e il successo di programmi di reintroduzione, dall’altra giungono notizie di leoni uccisi soprattutto a seguito di recenti carestie.

A destra leone asiatico nel Gir Forest National Park, Gujarat, Bernard Gagnon, Asiatic lion 03, CC BY-SA 3.0
E dopo la presentazione del futuro re a tutti gli abitanti della savana, non resta che godersi il resto della storia!