Circa 66 milioni di anni fa avvenne la quinta estinzione di massa della storia del nostro pianeta: il gruppo di vertebrati più famoso a farne le spese furono i dinosauri non aviani, scomparsi completamente dalla faccia della Terra. In realtà si stima che circa l’80% delle specie vegetali e animali allora esistenti andarono perse; anche gruppi come mammiferi e molluschi, pur non andando incontro ad estinzione completa, subirono grandi perdite.

Source: Allie_Caulfield Derivative: User:MathKnight, LA-Triceratops mount-2, CC BY-SA 3.0
La teoria oggi più accreditata su cosa abbia dato inizio a questo evento è quella dell’impatto di un grosso meteorite con la Terra, e la ricerca di prove a sostegno di questa tesi passa anche dall’Italia. La gola del Bottaccione in Umbria, infatti, presenta una sequenza stratigrafica completa che va dalla fine del Giurassico 145 milioni di anni fa fino a circa 13 milioni di anni fa, nell’era del Terziario. Ciò vuol dire che è possibile studiare i vari strati di rocce che si sono sovrapposti nel corso dei millenni come fossero le pagine di un libro: lo strato più superficiale è quello più recente, a mano a mano che si scende in profondità si trovano invece gli strati più antichi. Negli anni ’60 la micropaleontologa Isabella Premoli Silva, collaborando con il collega svizzero Hanspeter Luterbacher, si accorse della presenza di uno strato argilloso privo di fossili di foraminiferi (organismi unicellulari dotati di guscio molto presenti come fossili negli ultimi 450 milioni di anni); oltre a ciò, le specie fossili presenti nello strato precedente erano completamente diverse da quelle dello strato successivo.

Alvarez-trio in Gubbio- Walter Alvarez with Mark Anders and David Bice, marked as public domain, more details on Wikimedia Commons
Questa scoperta spinse il geologo Walter Alvarez e il padre Luis Alvarez (premio Nobel per la fisica nel 1968) a recarsi nella gola di Bottaccione per fare ulteriori ricerche. Scoprirono così che quello stesso strato argilloso presentava concentrazioni molto elevate di iridio: la particolarità di questo metallo è di essere raro nelle rocce terrestri e abbondante in meteoriti e comete, fatto che corroborò la tesi dell’estinzione causata da un asteroide di grandi dimensioni. A ulteriore conferma, valori molto elevati di iridio nello strato geologico corrispondente alla fine del periodo Cretacico sono stati ritrovati in molte altre località del mondo. Di particolare interesse è stato registrare la stessa anomalia in una zona dello Yucatan, in parte sulla terra ferma e in parte sommersa, vicino al paese di Chicxulub. Qui negli anni ’60 la compagnia petrolifera Pemex aveva individuato una struttura circolare dal diametro di 200km non visibile a occhio nudo, poiché ricoperta da sedimenti, ma evidente dalle analisi delle variazioni nella forza di gravità terrestre, che fu inizialmente interpretata come un antico edificio vulcanico. Negli anni successivi, grazie anche alle missioni Apollo che permisero di migliorare le nostre conoscenze sulla genesi del sistema solare, la comunità scientifica iniziò a sospettare che potesse invece trattarsi proprio di un cratere. Finché nel 1991 il gruppo di ricerca guidato da Alan R. Hildebrand pubblicò il primo articolo che lo identificava come tale. Oggi è proprio questa la teoria più accreditata: circa 66 milioni di anni fa un asteroide dal diametro di almeno 10 km impattò con la Terra, generando violenti terremoti, tsunami con onde alte centinaia di metri e sollevando ceneri e polveri in grado di modificare drammaticamente il clima.

L’animazione mostra la formazione di un cratere meteoritico complesso come quello di Chicxulub. Al momento dell’impatto l’asteroide si vaporizza scatenando potentissime onde d’urto che liquefanno la superficie e lacerano le rocce sottostanti, mentre migliaia di km3 di materiali fusi vengono scaraventati a grandissima velocità fuori dal cratere transiente, che è instabile; analogamente a ciò che accade lanciando un sasso in uno stagno, si verifica un effetto rimbalzo repentino che controbilancia la pressione delle onde d’urto e si solleva un titanico pennacchio centrale di materiale fuso che in pochi minuti collassa assieme al cratere transiente, generando il cratere finale (fonte Wikipedia)
Nel 2015 usciva nelle sale cinematografiche Il viaggio di Arlo, quindicesimo lungometraggio prodotto dalla Pixar Animation Studios; la premessa di questo simpatico cartone è che, anziché gli eventi di cui abbiamo parlato, 66 milioni di anni fa l’asteroide sfiorava la Terra senza colpirla. Seppure lo scenario rappresentato, con uomini cavernicoli e dinosauri evoluti che vivono di agricoltura e allevamento, è utopistico, ci potremmo chiedere come sarebbe oggi il nostro pianeta se i dinosauri non si fossero estinti. Ovviamente non possiamo saperlo con certezza, ma possiamo provare a fare delle ipotesi. Se i dinosauri non aviani avessero continuato ad esistere, è plausibile aspettarsi che avrebbero continuato ad evolversi e differenziarsi come avevano fatto nei millenni precedenti; se questo processo avrebbe portato a specie simili a quelle del Cretaceo o a forme estremamente diverse non è dato sapersi. Dobbiamo però dire che l’aumento delle dimensioni corporee nell’evoluzione dei dinosauri non è stato accompagnato da un aumento delle dimensioni del cervello: basti dire che il Tyrannosaurus rex, uno degli ultimi dinosauri non aviani ad aver fatto la sua comparsa, aveva un cervello dal peso di meno di 400gr. È quindi molto improbabile che i dinosauri potessero formare società avanzate come quella speculata da “Il viaggio di Arlo”.
Qualcosa in più possiamo invece ipotizzare sull’evoluzione degli uccelli: come sappiamo oggi, infatti, questi animali si sono evoluti da un gruppo di dinosauri, i teropodi. Si può quindi supporre che sarebbero andati incontro a un processo evolutivo analogo a quello avvenuto, e perciò nei millenni sarebbero apparse specie non dissimili da quelle che vediamo oggi. Per quanto riguarda i mammiferi, invece, bisogna dire che la grande radiazione evolutiva a cui sono andati incontro alla fine del Cretaceo è stata possibile proprio grazie all’estinzione dei dinosauri. Prima di quel momento, infatti, i mammiferi erano prevalentemente piccoli roditori: la scomparsa dei dinosauri permise loro di occupare nicchie ecologiche prima non disponibili. Per questo, senza impatto dell’asteroide, dobbiamo supporre che la diversificazione dei mammiferi verso forme più intelligenti, sebbene non impossibile, sarebbe stata quantomeno improbabile fino a che i dinosauri non si fossero estinti per qualche altro motivo.

ДиБгд, Deltatheridium DB24, CC BY 4.0
Gli animali, però, non sono stati gli unici ad essere coinvolti dall’estinzione di massa: anche le specie vegetali hanno dovuto far fronte a drammatici cambiamenti. Detriti e ceneri immessi nell’atmosfera dall’impatto dell’asteroide hanno oscurato i cieli terrestri e modificato l’atmosfera, rendendo più difficile la fotosintesi clorofilliana e causando la scomparsa di numerose specie vegetali. Dobbiamo poi dire che gli animali influenzano notevolmente l’evoluzione delle piante, sia nutrendosene che modificando l’ambiente in cui vivono. Uno studio condotto dal Field Museum of Natural History di Chicago e pubblicato nel 2024 sulla rivista Natura Plants mette in luce proprio il legame che potrebbe esistere tra la scomparsa dei dinosauri e l’evoluzione della pianta della vite: il ritrovamento di semi fossili, antenati della vite comune, risalenti a 60 milioni di anni fa ha fatto ipotizzare che i dinosauri, con la loro imponente mole, ostacolassero la crescita di boschi fitti, importanti per le piante che si arrampicano su altri alberi come, appunto, la vite.

Vorresti contribuire a sostenere questo progetto?
Se ti piace il sito e vorresti leggere sempre nuovi articoli, un piccolo contributo sarebbe un grande aiuto per continuare a creare contenuti interessanti!
0,99 €